Esattamente due settimane: sono trascorsi 14 giorni dal mio rientro in Italia, dalla fine del mio progetto SVE in Slovacchia.
La Slovacchia, una terra strana. “Ma poi dov’è che sta la Slovenia?” mi chiedevano i miei amici prima della partenza, durante il soggiorno e anche dopo! “S-L-O-V-A-C-C-H-I-A” ripetevo io, soprattutto, durante e dopo.
Una terra poco conosciuta la Slovacchia, così distante eppure così vicina. Si, perché è questa la sensazione che ho avuto partendo e soggiornando lì, quella di essere in un luogo anacronistico, lontano, quasi “esotico” nonostante la sua capitale sia una tra le più carine d’Europa e disti solo un’ora e mezza di volo da Roma. Europa si, perché la Slovacchia, che non è più Cecoslovacchia da po’ (giusto 20 anni) fa parte dell’Unione europea e ha l’euro (sorpresi eh?)!
Ricordo ancora il giorno della partenza e in questi giorni non passa momento in cui non ricordi cosa stessi facendo, in questo stesso periodo, un anno fa. Ricordo l’emozione, la voglia di partire, le paure condivise praticamente con chiunque incontrassi. Quell’inglese scolastico che pensavo non m’avrebbe mai aiutata, quello slovacco che non avevo mai sentito e quella forte voglia però di voler a tutti i costi COMUNICARE!
Spinta dall’entusiasmo sono partita e ho lasciato che le mie paure facessero il proprio corso, vivessero con me quei giorni fino a scomparire.
Atterrata a Bratislava e raggiunta la stazione dei treni inizia la mia AVVENTURA, anzi, la nostra: la mia e quella del volontario francese che avrebbe lavorato e vissuto con me per un anno, a ČADCA, che si legge CIAZZA e non KADKA, come ha detto mia madre per un anno intero ^-^!! Un volontario, un amico, un fratello, perché è questo che si diventa dopo un anno insieme, FRATELLI. Compagni di avventure, di “lavoro”, di vita.
Ricordo ancora che quel giorno io e Samuel perdemmo il treno, ricordo che tra i due, in 3 ore e mezzo di viaggio è sempre stato lui a parlare, a raccontarsi; e ricordo i miei “I understand but I can’t answer, I don t speak english!”. Ricordo il momento in cui, arrivati a Čadca, scesi dal treno di una stazione che sarebbe diventata così familiare in quei mesi, e vidi ad aspettarmi una ragazzina alta e magra con una rosa in mano e una donna al suo fianco. Ricordo quel “VITAJ NA SLOVENSKO” quasi gridato tra il sorriso e l’imbarazzo. Ricordo lì di aver provato per la prima volta la sensazione di FAMIGLIA, una sensazione che ancora mi accompagna; perché è questo che rimane dopo tutto, rimangono le immagini, le sensazioni, le emozioni ma soprattutto, rimangono le persone, rimangono i LEGAMI.
E di legami, in un anno, ne stringi tanti: con i volontari, con lo S.M.I.L.E staff di Keric, la mia associazione, con i bambini con cui vieni a contatto ogni giorno, con la comunità. Una comunità persa in un luogo in cui d’inverno si possono raggiungere tranquillamente i -26 gradi sotto lo 0 e nonostante questo è piena di calore. E’ questo che forse, banalmente, mi ha sorpresa di più: in un paese così freddo, meteorologicamente parlando, ho trovato dei cuori pieni di calore che mi hanno tenuto compagnia durante l’intero viaggio.
La Slovacchia è una terra piena di sorprese, con paesaggi meravigliosi, cibo fantastico, una cultura “diversa” e ricca, con un popolo che conosce l’ospitalità, sa come utilizzarla ed è amichevole e ben disposto verso quei volontari che all’inizio a malapena sanno come dire ciao! E’ ben collegata con tutti gli stati che la circondano. I treni sono sempre in orario, anche se delle volte devi attenderli sommerso dalla neve fino alle ginocchia! Ah la neve! Altra splendida e indescrivibile emozione
Andare in Slovacchia, può essere una sfida se vista dall’Italia, accettare quella sfida e partire però vuol dire vincere, non la sfida in se, ma qualcosa di più: un dono che la vita poche volte ci concede.
Continuerei a scrivere per ore ma terminerò dicendo che sono partita come Valentina, 24 anni, italiana, e che sono tornata come Tinka, 25 anni, cittadina del mondo. Ho in me Samuel, Anastasiya, Andrea, Volker, Agustìn, Andrès, Solenka, Mirka, Ivka e la piccola Veronička, Lenka e Mayo, Elena e la sua famiglia, Livia, Simona, Miro, Koko, i miei bambini, Barbora, Martina, Lukas, Boris, Betka, Josè, Arantxia, Cloe, Veronika, Martin form Košice, Ruger, Tomaš, Jan, Katka, Nika e Auto, Elina…e mille altri! Ho in me i cieli della Slovacchia, le pale eoliche dell’Austria, la meraviglia delle città mista all’orrore dei campi di concentramento polacchi, la Vita e il freddo di Budapest in inverno, il sole e i castelli della Repubblica Ceca, le avventure estive di Berlino, l’Amore. I miei occhi hanno incrociato così tanti sguardi, le mie labbra hanno sorriso con così tante anime, le mie mani si sono unite a così tante mani e il mio cuore ha stretto legami con così tante persone che io non sono più io. Sono la mescolanza perfetta e colorata di un mondo intero che ho visitato e conosciuto nel tempo di un attimo, un attimo che è durato un anno. Dodici mesi. 365 giorni. Migliaia di sorrisi.